Consueto noir
nordico, quelli che adesso vanno molto di moda, caratterizzato come si consueto
da atmosfere plumbee, personaggi che fanno le indagini, ognuno con così
complessi problemi familiari da risultare incredibile come possano ammucchiarsi
tutti nello stesso commissariato. Il libro è il secondo di una trilogia con gli
stessi personaggi, che significa altre 1500 pagine, che comunque se uno deve
passare il tempo. Lo passa. Comunque 750 e oltre pagine da sciropparsi per
poter arrivare alla fine che comunque prima o poi arriva senza troppi colpi di
scena, anzi con un finale che non mi ha convinto del tutto. La vicenda si
svolge a Stoccolma con tutte le tipiche atmosfere scandinave, forse
comprensibili dal momento che è gente che per sei mesi all’anno vede poco sole
e indaga come indica il titolo stesso, l’ambiente delle sette, già di per se
stesso foriero di teste bacate. Comunque si legge anche di peggio.
Soffia il vento dell'est
Un (finto) blog di viaggio. Parole, idee, immagini in libertà.
Pagine
venerdì 26 settembre 2025
Recensione: Lackberg- Flexeus – La setta
giovedì 25 settembre 2025
Seta 46 - Nella Mongolia interna
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Le grotte col pilastro centrale - Yungang - Cina - Giugno 2025 |
Arte del Gandara con influenze cinesi |
Sono ancora scosso dall'imponenza delle grotte buddiste che abbiamo appena avuto il privilegio di vedere. Uno spettacolo maestoso che impone però anche una serie di riflessioni non trascurabili e che vorrei proporre alla vostra attenzione e su cui mi piacerebbe conoscere le vostre idee. Qual è infatti il rischio che si corre in questi casi? A mio parere quello di "sprecare" e cercate di comprendere il termine che sto usando, una occasione di questo genere, dedicandole da un lato, troppo poco tempo per poterne assimilare tutto quanto meriterebbe, dall'altro, di metterla all'ammasso assieme alla sequela di tutte quelle altre cose, molte delle quali parimenti importanti ed emozionanti, che verranno inevitabilmente seppellite in un bailamme di ricordi frettolosi e quindi scarsamente apprezzati, mentre nel frattempo altri se ne affastellano davanti a te in attesa di essere visti, ancora velocemente consumati e riposti altrettanto in fretta nel famoso cassetto dei ricordi, che l'età contribuirà spietatamente a mantenere appena socchiuso per il breve tempo che ti rimane. E' evidente che un posto come questo, come i tanti altri che abbiamo passato in rassegna durante questo viaggio, avrebbe dovuto essere oggetto di un'unica visita di almeno un giorno completo, affrontata prevalentemente di prima mattina, con il minor numero di visitatori possibile, ma questo è un altro problema e delibata con calma lungo la giornata, dedicando agli ambienti principali del tempo per godersi adeguatamente le singole figure, dopo aver letto in precedenza, qualche cosa che ne raccontasse la storia, l'importanza artistica e che te ne facesse apprezzare i particolari con i riferimenti alle culture precedenti e alle influenze che si possono leggere nella sfilata di soggetti, di ambienti e del sito nel suo complesso.
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Il grande Buddha benedicente |
Sito che andrebbe poi meditato alla sera prima di andarsene, dando ancora qualche ultima occhiata, mentre gli ultimi visitatori se ne vanno. E poi, cosa di grande importanza, secondo me, tutte queste emozioni andrebbero decantate nella settimana successiva, andando a leggere ancora qualche cosa al riguardo, cercando spiegazioni specifiche ed esaustive, racconti ed emozioni di altri visitatori che come te siano rimasti emozionati, che colmassero le curiosità che inevitabilmente vengono a sorgere anche quando vai a vedere per la prima volta il Colosseo o cose simili. Insomma bisognerebbe goderseli davvero questi posti, con tempo a disposizione e senza la confusione inevitabile che la fretta maledetta ti creerà nella testa quando ripenserai a queste cose, facendotele confondere tra di loro. E' un sogno impossibile naturalmente, non siamo viaggiatori del Gran Tour che si fermavano una settimana in ogni luogo, sostavano giorni davanti alle rovine dell'agro Romano, con un album in mano e una matita da disegno se ne avevano la capacità, vergando con amorevolezza i gruppi di pecore sparse, per non dir della pastorella. Sono altri tempi, noi corriamo, corriamo e aggiungiamo nomi e spuntiamo località su un taccuino, il tempo al massimo lo abbiamo a disposizione per un rapidissimo selfie e via che il treno sta per partire.
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Pareto con statue |
Questo è un altro dei motivi per i quali continuo nella velleitaria impresa di buttar giù queste righe malinconiche a chiosa della mia impresa, cercando di fermare un po' meglio sulla carta quegli evanescenti ricordi che cerco spero non invano, di non asciar sfumare nella nebbia che il vento dell'est porta ad accumularsi nella mia vecchia testa piena di troppi ricordi, assieme alla polvere gialla dei deserti che abbiamo appena traversato, assieme all'ombra di Marco, che ci ha fatto compagnia fino ad ora. Ma ecco che intanto che sproloquio, siamo arrivati all'albergo, dove dobbiamo in fretta riprendere i nostri bagagli, che tutti se li deve trascinare la mia Tiziana mentre io con le mie braccia malandate sto a guardare, maledizione, ecco che al di là di quanto detto, alle grotte ci siamo fermati troppo e siamo già molto in ritardo, qui si rischia di perdere l'ultimo treno che ci porterà nella Mongolia interna, questo sconosciuto territorio, dove forse sarà sconosciuto (o diciamo almeno poco conosciuto) anche il turismo. E invece ecco ci blocca il personale della reception, che si vuol profondere in ringraziamenti per la bella recensione che Gianluca ha lasciato su Trip.com, che evidentemente, se fatta da stranieri, merce poco frequenteda quesre bande, ha molto più valore. Ci regalano del tè e vogliono portarci i bagagli fino al taxi, insomma, ci sembra addirittura scortese far trapelare che abbiamo fretta, ah, questi occidentali sempre di corsa, non c'è il tempo neppure per farsi qualche complimento commendevole.
In attesa |
Comunque facciamo capire quanto siamo loro grati per le attenzioni e saltiamo sul taxi, che la stazione è pure lontana e come vi avevo detto pure sgarrupatissima e tocca anche trascinarci i valigioni su dalle ripide scale. Stavolta lo perdiamo davvero! Eccoci finalmente nella sala delle partenze a cercar di compitare i caratteri cinesi del tabellone assieme ai viaggiatori come noi, col naso in su come se stessimo davanti alle sculture di Yungang. Accidenti, ma se leggo bene, il nostro treno ha due ore secche di ritardo! Riproviamo più volte ad inquadrare la scritta col traduttore del telefonino, prima con Google poi con Papago, l'app specifica, ma non sembrano esserci dubbi, a questo punto siamo in largo anticipo e possiamo tranquillamente rilassarci e Gianluca e Lusine, possono andare a mangiare qualche cosa, che non vogliamo vederli stramazzare al suolo dalla fame, mentre io posso tranquillamente pensare di consumare le abbondanti riserve che mi porto dietro come giro vita e zaino permanente. Certo che queste cose non succedevano quando c'era Lui! Non c'è più religione si potrebbe anche dire. Va beh, vuol dire che avremo più tempo per meditare e in Oriente questa è sempre una gran bella cosa, anche alla luce del mio pistolotto di apertura di oggi. Poi saliamo sul nostro treno, che si vede subito essere un convoglio periferico che marcia verso una delle tante ultime Thule del mondo.
Per le strade di Hohhot |
E' quasi deserto e i pochi passeggeri si piazzano qua e là sentendosi liberi di occupare intere file di posti, tanto nessuno verrà a reclamare. Poi finalmente il treno parte a traversare un altro dei deserti sconfinati di cui non distingui neppure gli orizzonti. Sono tre ore di trantran, senza sferragliare naturalmente perché in tutta la Cina, i congiungimenti tra le rotaie sono stati saldati o pareggiati, non so bene come si dica, ma sta di fatto che non si sente il tutùn-tutùn dei nostri bei treni di una volta, ma tutto scivola via senza troppi scossoni. E ci sarà un'unica fermata in una di quelle che sembra una stazioncina di campagna senza nessuno, deserta o abbandonata dagli abitanti superstiti dopo l'ultima invasione mongola. Davanti a noi intanto, un enorme mongolo pelato che ricorda perfettamente il servitore del cattivissimo di 007 dalla Russia con amore, che lanciava il cappello con la tesa di acciaio per decapitare la gente, si agita sul sedile. Ha una camiciona nera operata molto elegante che esibisce su una canottiera a vista e pantaloni corti, e si dimena stanco e sudato allungandosi alla meglio sulla poltroncina, mentre la moglie molto più composta, ci sorride con distinzione. Alla fine dopo aver scartato un po' di cartocci, ci offrono dei panini al vapore di cui dispongono in gran numero, che cortesemente riusciamo a rifiutare. Intanto il treno va percorrendo una terra ondulata di magri pascoli con armenti dispersi all'orizzonte.
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Una grotta |
Ogni tanto compaiono dei piccoli insediamenti fatti di case basse circondate da un muracciolo di terra o di assi, che segnala la corte della proprietà, all'uso tipico mongolo. E' chiaro che stiamo cambiando paese e la Cina a cui ci eravamo ormai abituati si sta allontanando sempre di più. Lontano, ogni tanto compaiono aggregati che potrebbero essere complessi industriali o estrattivi e una centrale che sbuffa. Sarà forse una di quelle a carbone che continua il suo lavoro in attesa di momenti più favorevoli ad altri combustibili? Intanto le tre orette passano e arriviamo a Hohhot in perfetto orario, sulle due ore di ritardo con cui eravamo partiti. Anche questa è una grande città di 3 mln di abitanti e pure modernissima, ancorché nessuno l'abbia mai sentita nominare, ma qui siamo in terra completamente incognita e di turisti non ne arrivano, chi sceglie d'altronde di arrivare in Mongolia in treno? L'albergo sembra un po' più familiare del solito e subito si crea lo scompiglio visto che evidentemente gli stranieri sono merce rarissima e un nugolo di bimbi, prole propria dell'albergo, alla nostra inaspettata vista esce fuori e con mille gridolini, vogliono aiutarci con le valigie, tentativo velleitario che viene subito arginato dalla nonna che arriva in soccorso e risolve le pratiche burocratiche. Certo che invece delle 18 sono già le 20 e ci rimane giusto il tempo per andare a mangiare un boccone, visto anche che nelle zone non turistiche come questa, i ristoranti chiudono abbastanza presto.
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Tanto per capirci quando dico folla |
Ci precipitiamo quindi verso un indirizzo che avevamo trovato sul web, con allegata una serie di commenti encomiastici. Il taxista ha una certa difficoltà comunque a trovarlo e ci deposita in un vicolo piuttosto oscuro. Giriamo un po' e poi ci sembra di aver capito che la modesta locanda in via di chiusura che abbiamo trovato, sia quella che stavamo cercando. Qui c'è solo più un gruppetto di habitué locali intenti a scolarsi le ultime birre della giornata ed i tentativi per capirsi, cercando di ordinare qualche cosa, si infrangono contro una barriera linguistica sorda all'uso dei traduttori dei nostri telefonini che evidentemente non vogliono dialogare con i loro. Alla fine ordiniamo comunque degli spiedini di vacca assolutamente non speziati. Arrivano dopo un po' portando invece un piattone con degli spiedini di trippe ricoperti completamente, anzi tuffati, in polvere di peperoncino rosso assolutamente immangiabili. Mentre Gianluca briga per farsi ridare indietro i soldi, il locale si è svuotato e quello che sembra uno dei proprietari o comunque un "addetto alla sala", va nel lavandino posto su un fianco, da dove arrivano i piatti e, dopo essersi tolto la dentiera, la lava con cura schizzando in ogni dove, infine la risciacqua dopo averla immersa in una delle scodelle delle zuppe che erano state sgomberate dai tavoli dei clienti precedenti. Poi si risciacqua ben bene anche la bocca nel solito lavello, perché l'igiene orale è tutto, anche in Cina, come conviene anche Lina che è madre di una dentista e dunque conosce bene il problema. Ce ne torniamo in albergo piuttosto sconsolati, speriamo nella colazione di domani.
Grosse così! |
SURVIVAL KIT
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Il chorten tibetano di Hohhot |
Treno da Datong a Huhehaute dong (Hohhot Est) Z 183 - 15:15 - 18:09 - Km 230 - 2h 54 m. - 40,50 Y.
Hohhot - in cinese Huhehaute, che in lingua mongola significa la città azzurra (o verde, perché in cinese c'è un solo vocabolo per entrambi i colori), ᠬᠥᠬᠡᠬᠣᠲᠠ , che però andrebbe scritto in verticale, ma il sistema di word non mi consente di farlo, sarebbe anche una città fondata appunto dai mongoli nel 1500 da un sovrano mongolo ed è la capitale dell'attuale Mongolia interna, sulla linea ferroviaria che congiunge la Cina alla Mongolia vera e propria. Da vedere: il tempio della pagoda Bianca (Baita), del XI secolo, il museo della Mongolia Interna, il piccolo Palazzo imperiale simile alla Città proibita di Pechino, ma in tono minore, il Tempio delle 5 pagode (buddismo indiano) sulla collina, Il tempio tibetano Da zhao, con una statua di argento di Buddha di tre metri, e traversata la strada l'altro tempio tibetano Xilitu Zhao. Poi il parco di Zhongshan a nord est del centro e all'opposto il parco del Lago Meridionale sul fiume Hu
Pebble Motel (o Piper Cloud Hotel Hohhot - Difficile da trovare sulla mappa, 3, Daching road - dovrebbe essere all'incrocio tra Tongdaobei lu e Chezhan xi- Un 3 stelle molto familiare, personale come sempre gentilissimo. Dotazioni solide, ragionevolmente pulito. Camere normali, TV, AC, free wifi. Bagni puliti. Letti queen. Doppia sui 150 Y ma si trova scontata anche a 94 Y, con colazione cinese al locale a fianco.
Pestando il torrone |
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Pareti delle grotte |
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In coda |
mercoledì 24 settembre 2025
Recensione - I. Clark – La felicità nei giorni di pioggia
I. Clark – La felicità nei giorni di pioggia
Se non
temessi di risultare troppo politicamente scorretto, anche se adesso pare
diventato molto di moda, direi che questo è il classico libro da donne, senza
offesa naturalmente. Non voglio dire naturalmente che potrebbe ascriversi direttamente
alla serie Harmony, tuttavia, forse il problema di base è che a me questo
genere di romanzi non suscita molte emozioni, se non che, si lascia leggere
facilmente e anche velocemente e va abbastanza bene per passare quelle lunghe ore
sotto l’ombrellone, come sto facendo in questi giorni, tra un bagno e l’altro
in attesa che venga l’ora per andare a casa a mangiare. Ciò detto, tanto per
inquadrare il tutto, si tratta di una autrice inglese, pare anche molto
gettonata, visto che ha lasciato la molto proficua professione di avvocato per
dedicarsi unicamente a fare la romanziera e stiamo parlando di libri da un
milione di copie, quindi è sbagliato e presuntuoso anche da parte mia, prendere
il suo lavoro sotto gamba, tanto meno vorrei dare l’impressione di irriderlo,
anzi, tanto di cappello. Comunque tanto per chiarire tratta di un gruppetto di
quattro amici (in una dei quali è facile riconoscere l’autrice) a cui viene
affidato il compito di tutoraggio di una diciassettenne figlia di una di loro
prematuramente scomparsa. Naturalmente pare una decisione sciocca e
inconsistente che invece si rivelerà molto oculata e con un suo preciso senso,
decisione presa da una madre che precedentemente sembrava la più sbandata e la
meno capace di valutare queste situazioni, con qualche sviluppo imprevisto che
ti fa andare avanti fino alla fine del libro. Comunque ve la toglierete
velocemente perché è scritto grosso.
martedì 23 settembre 2025
Seta 45 - Le grotte di Yungang
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Le grotte di Yungang - Datong - Shanxi, Cina - giugno 2025 - (foto T. Sofi) |
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Il viale di accesso |
Ho cercato di fasciarmi il polso il meglio possibile e devo dire che non mi fa neanche troppo male, certo cerco di farci attenzione a non sbattere troppo qua e là, comunque la colazione, sforzandomi un po' naturalmente, sono riuscito a farla. Invece ho lasciato definitivamente a casa la macchina fotografica che è diventata troppo pesante, da tenere con un braccio solo, oltretutto anche quello non ancora completamente a posto, mi aggiusterò col telefonino, poi vedremo. Comunque prendiamo un taxi per andare alle grotte che sono fuori città, che si deve attraversare per intero su una superstrada cittadina sopraelevata enorme che, superato il centro, taglia in due una interminabile fila di quartieri dei consueti palazzoni da 25 piani cadauno, tutti completamente deserti, uno dei monumenti agli errori di programmazione che si fanno quando si vuol prevedere troppo in là. Già perché Datong, come avevamo detto, era e forse è ancora, la città del carbone, che naturalmente il governo ha capito benissimo essere una tecnologia in via di estinzione e quindi ha provveduto a cercare di spostare una serie di nuove attività industriali da queste parti per poter sostituire l'industria carbonifera, preparando quindi tutto quanto sarebbe stato necessario per lanciare la nuova linea, ma evidentemente qualche cosa si è inceppato e la selva dei palazzoni è lì a dimostrarlo, dando la sensazione di uno di quei film su un futuro distopico e inquietante.
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Il tempio Lingyang |
Ma noi procediamo veloci verso le grotte visto che anche oggi abbiamo il tempo contato, destino malefico. Raggiunto il sito, veniamo presi dal solito ingorgo che avvolge tutti i luoghi di grande interesse turistico in questo paese. Essendo comunque uno dei monumenti più famosi del paese, la folla è piuttosto abbondante e quindi ci avviamo con pazienza verso la riva del fiume, attraverso un lungo percorso affiancato da una serie di obelischi montati su piccoli elefanti di pietra, fino ad arrivare ad un grande tempio ad un solo piano che è stato costruito recentemente come una sorta di palafitta sul lago prodotto dall'allargamento del fiume. Superato il tempio, arriviamo sul costone della collina sul quale si allineano le oltre 250 grotte che compongono l'insediamento. La folla è diventata strabocchevole e bisogna mettersi in fila per entrare in quelle segnalate come le più belle, seguendo comunque un itinerario preordinato. Bisogna avere pazienza, comunque queste saranno le più straordinarie dell'intero giro ed il fatto che siano arrivate per ultime, sembra quasi fatto apposta. La prendiamo con calma anche se piuttosto premuti dalla folla, ma si viene subito afferrati dalla unicità del posto e procedi, anche se un po' spintonato dalla gente lungo il percorso, col naso all'aria, intento più a goderti la bellezza di quello che ti circonda piuttosto che a maledire il fatto che le cose belle le vogliono vedere tutti e in fondo è anche giusto così, che tutti ne possano godere.
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La struttura esterna |
Forse è vero che la bellezza salverà il mondo, certo se uno ha voglia di sbattersi per venire fin quaggiù e stare con la testa in su a guardare sculture e grandi statue benedicenti, non ha tempo per odiare il suo vicino e magari tirargli un drone. Lo spettacolo complessivo è davvero straordinario quindi non starò lì a raccontarvi l'elenco delle diverse grotte, tanto le trovate sui vari siti, spiegate meglio di quanto non sappia farvi io. Vorrei soltanto comunicarvi il mio convinto stupore nel poter ammirare una serie monumentale in questa quantità e di questa levatura. Seguiamo l'itinerario indicato e cominciamo ad entrare, incolonnati in una lunga fila, nel gruppo di grotte più complesso che comprende per ognuna, una immensa camera con un grande pilastro quadrato centrale completamente coperto di bellissime statue, colorate e vestite di tutto punto, poi si percorre il corridoio che le circonda quasi abbracciato dalla selva di figure che ti circondano da ogni parte e di ogni dimensione e arrivi ancora davanti alla statua principale che ti sovrasta completamente con le sue immense dimensioni e quasi ti spinge via, mentre invece sono i visitatori seguenti che ti stanno pressando. E poi ancora più avanti, l'altro gruppo di grotte che è costituito da aperture, protette da strutture lignee esterne e di epoca posteriore, che presentano una serie di colonne quasi consumate dalle intemperie a protezione di una sorta di pronao al di là del quale si apre poi la grotta vera e propria con le mille e mille statue in cui ti perdi definitivamente.
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Le grotte Wuhua |
Il gruppo dalla 9 alla 13 è detto delle grotte di Wuhua, coloratissime per essere state ritoccate durante il periodo Qing che ospitano alcune delle statue più piccole del complesso, alcune non più alte di un paio di centimetri; ma ecco nella 9, che compare il maestoso ed enorme Buddha nero seduto che domina la grande sala. Oppure ancora la numero 12 con le pareti ricolme delle statue dei musicisti che imbracciano i loro strumenti antichi, ritratti in maniera così realistica da farteli sembrare reali. Le grotte orientali dalla 1 alla 4 sono anche le più grandi, la 3 addirittura larga 50 metri ed alta 25, decisamente maestosa nella quale anche la folla si disperde silenziosa. E ancora come non rimanere attoniti nella grotta 15 con le intere pareti ricoperte da 10.000 statue di Buddha seduti nella stessa iconica posizione. Una ripetitività ipnotica che costringe l'occhio a muoversi senza riconoscere un punto in cui ancorarsi, quasi a costringere la mente ad una successione di mantra senza fine, che la costringa a perdersi ed allontanarsi dai pensieri terreni per spaziare unicamente in un iperuranio lontano dalle preoccupazioni e dagli affanni, compresi i dolori al polso naturalmente, che si è intanto messo a pulsare ritmicamente come a ricordare che è sempre presente, che non bisogna distrarsi, che il mondo va avanti con i suoi problemi e i suoi affanni.
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Panneggi |
Infine, eccoci verso la parte finale del percorso, dove ci sono le grandi grotte che danno direttamente sull'esterno quasi a voler mostrare la meraviglia delle grandi statue che guardano il fiume ed oltre, gli occhi perduti nel vuoto, il panneggio perfetto ed elegante, lezione greca arrivata da lontano, assorbita, digerita, fatta propria e riproposta in forma ancor più leziosa ed elegante. Insomma un insieme mirabile di arte e maestosità che non lascia indifferenti, ma coinvolge l'osservatore concedendo emozioni forti, nonostante la moltitudine che scorre come l'acqua del fiume, le cui rive sono seminascoste da verdi canneti che completano un quadro naturalistico affascinante. Anche il tempio Lingyang, dal quale si ripassa obbligatoriamente, che all'ingresso era sembrato piuttosto banale, adesso ti appare come una chiosa elegante e meritevole con le sue sale ampie, le torri ben proporzionate, i dipinti più precisi e moderni. Insomma un complesso templare davvero importante ed imperdibile, davanti al quale non ti risolvi ad andartene dopo una intera mattinata ben spesa, col grande rimpianto di aver dovuto rinunciare all'altra famosa attrazione dei Datong, il cosiddetto tempio sospeso Xuankongsi, scavato nella roccia ad oltre 50 metri dal suolo in una parete rocciosa a strapiombo del monte Heng, una delle cinque montagne sacre della Cina.
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Il Buddha nero |
Anche questo tempio, come le grotte di Yungang, è stato scavato dai buddisti attorno a 1500 anni fa, addirittura la leggenda vuole che l'opera sia dovuta unicamente ad una sola persona, il religioso Liaoran che cominciò il suo lavoro nel 492 e racchiude però grazie ai lavori successivi, con il classico sincretismo cinese, le simbologie delle tre religioni iconiche del paese, la Confuciana, la Taoista e la Buddista. Un miracolo di equilibrio abbarbicato alla montagna al quale si accede attraverso una serie di esili scalette innalzate su strutture che sembrano fatiscenti, anche se poi in effetti non lo sono, rette da lunghi pali di legno, che portano fino all'interno dove ci sono una quarantina di stanza, con statue e addobbi nelle quali coesistono come vi ho detto le statue dei tre fondatori, nella cosiddetta stanza delle tre religioni. Dispiace perderlo, ma ci sarebbe servito almeno un altro giorno in più e questa è una canzone che praticamente ripetiamo a noi stessi ad ogni tappa del viaggio. Tutto vero, solo che avremmo dovuto computare almeno due mesi per questo viaggio e poi sono certo sarebbe rimasto ancora molto da vedere e a cui giocoforza rinunciare. A questo penso mentre rientriamo sul nostro taxi verso l'hotel e al contrasto tra la gente che ci stringeva da ogni parte alle grotte e al contrasto del deserto quasi assoluto, lungo questo nastro di asfalto larghissimo che taglia in due la città apparentemente senza abitanti. Per fortuna che il dolore al polso contribuisce a tenermi sveglio e a non farmi perdere il paesaggio che mi circonda, ma tanto sarà una semplice distorsione, cose che capitano.
SURVIVAL KIT
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L'ingresso |
Grotte di Yungang - (云冈石窟) - Sono le Grotte delle Colline delle nuvole, scavate a partire dal 415 sul fronte meridionale del fiume Wuzhou per circa un chilometro, le prime 200, durante il periodo in cui Datong era la capitale del regno, col nome di Pingcheng e successivamente le altre 52 tra il 460 e il 530, durante la dinastia Wei con l'opera di almeno 40.000 lavoratori. Sono tre gruppi di grotte, suddivise da due canyon naturali, con oltre 51.000 statue. Lo stile rappresenta il punto di congiungimento tra l'arte del Gandara delle prime grotte e quella cinese nelle ultime. Le più interessanti sono la 20 col Buddha seduto di 13,5 m., che presenta chiare influenze ellenistiche, che però riporta i lineamenti dell'imperatore Xiaowen, appartenenti al gruppo delle grotte del monaco Yantao, dalla 16 alla 20. Poi la 9 e la 10 con la storia del Sakyamuni e molti splendidi altorilievi. Infine la 5 e la 6, tra le più tarde con una maggiore eleganza nei panneggi. Sito Unesco dal 2001, sono le grotte religiose più importanti della Cina assieme a quelle di Mogao e di Longmen. Il sito è a circa 16 km dalla città, ingresso 120 Y (anziani gratis). Diversi mezzi pubblici per arrivarci. Diretto dalla stazione il bus 603, ma ci mette circa 1 ora, più comodo il taxi specie se siete in 3 o 4.
Il tempio sospeso Xuankongsi - Più lontano, una sessantina di chilometri, 2 ore di bus, decisamente più comodo il taxi, ingresso 130 Y. Praticamente impossibile vedere entrambe le cose in un solo giorno. Quindi o si rinuncia o si deve prolungare la visita per un'altra giornata, tenuto conto che ci vuole un certo tempo per salire sulla montagna.
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Una grotta |

lunedì 22 settembre 2025
Seta 44 - A Datong
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Daton, la città vecchia - Shanxi - Cina - giugno 2025 - (foto T. Sofi) |
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Le mura di Datong |
Un paese che in meno di 70 anni è passato dai milioni di morti per fame, incapace di produrre il minimo necessario per potersi sfamare a diventare, tra poco, il primo del mondo come produttività e presto anche come innovazione, che noi per decenni abbiamo scioccamente bollato come gente capace solo a copiare. Abbiamo detto infatti che questa è anche la città cinese del carbone, cosa che evidentemente non ha gran buona stampa, visti i problemi di inquinamento, un problema che ultimamente bisogna dire si sta almeno parzialmente risolvendo e lo si nota bene in città, che non presenta certo più le caratteristiche di aria e anche di ambiente che questo primato ben poco ambito comporterebbe. Quindi una città che, oltre ai suoi punti più importanti, le grotte di Yungang e il tempio sospeso del monte Heng, ha un centro storico di tutto rispetto a partire dalle imponenti mura che lo circondano per oltre 6 km. Come in tutti gli altri casi il piacere di questo tipo di monumento è dato dal percorrerne almeno un tratto per godersi la città vecchia dall'alto prima di scendere tra le case ed i vicoli e penetrarla nei suoi angoli più segreti. E bisogna dire che qui i punti di interesse sono davvero molti, tali da rendere obbligatorio almeno un pomeriggio per vedere le cose principali.
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The great Mosque |
Intanto non bisogna perdersi almeno la torre della Campana e quella del Tamburo, monumenti presenti in tante di queste città antiche, certo con caratteristiche simili, ma sempre interessanti da vedere. Poi, sempre passeggiando per la città, non si potrà fare a meno di incrociare un gran numero di templi, tutti molto belli, che potrete ammirare, passeggiando come se vi trovaste in un giardino o in un parco cittadino, certamente non per apprezzarne la parte religiosa o le differenziazioni tra i vari stili, che per noi sarebbero un po' troppo specifici da capire, ma per goderne la pace e la tranquillità che questi posti esprimono sempre. Comunque tanto per darvi qualche nome vi ricordo il tempio di Huayan, che risale alla dinastia Liao, costruito attorno all'anno 1000, poi il tempio Guandi, detto anche il grande tempio, non a caso; il tempio Confuciano Datongfu; il tempio tibetano Fahua, con la sua famosa pagoda; senza dimenticare appena fuori città l'altrettanto famosa pagoda di Yingxian del tempio di Fogong, la torre in legno anch'essa risalente al periodo Liao, più alta del mondo, circa 70 m metri, straordinaria opera architettonica costruita senza l'uso di un solo chiodo. Da non dimenticare la Grande Moschea un bel melange di stili architettonici islamici e cinesi.
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Muro dei 9 draghi |
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Balli |
Ma credo che anche solamente passeggiare per il centro cittadino sia stata per la mia gentile signora e Lusine, una gran bella esperienza, avendo trovato un sacco di negozi e localini dove si vendevano i classici souvenir cittadini, le famose bambole dipinte e le sculture nel carbone, tipiche di Datong. E' proprio da qui che il nostro amico Marco Polo infatti raccontava al mondo incredulo del suo tempo, l'esistenza di queste pietre nere che bruciano lentamente e che si possono lasciare tutta la notte accese, ritrovandole ancora il mattino successivo non completamente consumate! Naturalmente in centro si possono trovare, come spesso accade in tutte le città cinesi, gruppi di gente in costume che balla e si diverte e chi vuole, può naturalmente aggregarsi. La gente ama divertirsi in questo modo, un po' ingenuo, un po' spensierato e mescolarsi alla gente che ama trascorrere il suo tempo in serenità dà sempre un senso di piacevolezza che un tempo era comune anche da noi nelle feste di paese e che forse oggi è andata perdendosi. Comunque verso le 7:30, le ragazze rientrano e quelli che hanno fatto la scambata fino a Pechino arrivano anche loro sani e salvi verso le 9:30, essendo riusciti a completare il loro ambizioso programma. Tutto si può fare insomma, basta averne voglia. Noi intanto ci prepariamo per domani, io anche, sempre se passerò indenne la notte.
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Il centro |
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Torre del tamburo |
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Il monastero |